Conversando nella chat di whatsapp con un amico o con il nostro partner, parliamo del più e del meno, prendiamo appuntamenti, ma esprimiamo anche gusti, preferenze, desideri. Quando inviamo un’ email a un’azienda, di solito si tratta di un curriculum (ah, un posto di lavoro), o di una richiesta di informazioni, o ancora di una risposta all’ufficio clienti di un determinato brand. E sapete cosa succede? Nella “home” di facebook, spesso, troviamo promozioni e pubblicità corrispondenti alle tendenze espresse in altri contesti. Questo accade perché il più famoso social network al mondo ha la capacità di analizzare le pagine che seguiamo, gli eventi a cui partecipiamo, i post che commentiamo e che ci piacciono, i nostri amici virtuali, e di presentarci consigli per gli acquisti, attività, luoghi e soggetti che potrebbero interessarci. I tempi di collegamento a facebook sono aumentati anche per questo. Ci permette non solo di chattare o di distrarci, ma di visualizzare cose che ci piacciono. Insomma, ci dà ciò che vogliamo. Come vuole il principio cardine del marketing di Kotler, quello del libro universitario, il famoso “mattone” da studiare per l’esame, il dovere di un’azienda, se vuole vendere il suo prodotto, è offrire al consumatore esattamente quello che lui desidera, nel posto e nel momento giusto. Non è il bene che si fa vendere, è il cliente stesso che si fa comprare. Perché trova un oggetto che, per caratteristiche, forma, colore, addirittura confezionamento (il packaging) corrisponde in pieno o quasi alle sue esigenze. Sempre più spesso si assiste a fenomeni di identificazione. “Io e lui siamo una sola cosa”, dice qualcuno, con il sorriso sulle labbra. Si riferisce a un profumo, un cellulare, un computer, un oggetto per la casa. Molti marchi, però, siano essi a diffusione internazionale o nazionale, si limitano a fare marketing in maniera tradizionale. Studiano le caratteristiche dei potenziali clienti, li accorpano in cosiddetti segmenti (gruppi di persone con caratteristiche simili), elaborano una strategia e lanciano il prodotto o servizio. La nuova frontiera della pianificazione 3.0 è prevedere e anticipare i gusti del cliente. In che modo? Integrando le informazioni acquisite da sondaggi d’opinione, report di negozi e centri commerciali, con i profili social degli utenti/clienti, per conoscere il maggior numero possibile di dati utili a elaborare una strategia di marketing. Ecco a cosa serve il famoso “social media manager”. Mica è, o sarebbe, pagato per pubblicare post e foto, o per commentare fatti su facebook, twitter, o instagram. Certo, fa anche quello. Ma è retribuito per studiare e incrociare dati, e per creare campagne di comunicazione sul web coerenti rispetto alle mode dei consumatori a cui si rivolge. Può rappresentare un centro di assistenza pre e post vendita, consigliando al cliente che ha già deciso di acquistare le soluzioni migliori al suo caso. Può costituire un ufficio reclami virtuale, che raccoglie e centralizza i punti critici di un determinato prodotto. Se una persona si lamenta del funzionamento di X, è un caso isolato e trascurabile. Se protestano in cento, allora c’è un problema e un’azienda deve farvi fronte. La creatura di Mark Zuckerberg ha lanciato la sfida. Vedremo chi saprà coglierla fino in fondo.